Aimé Césaire è stato un poeta e drammaturgo martinicano di lingua francese. Educato in Francia ma profondamente radicato nella cultura caribica, fu fondatore, insieme a L.-S. Senghor e L. Damas, del movimento della negritudine, che rivelò una poetica africana e segnò una demarcazione rispetto alla cultura bianca ed europea. «Il semplice riconoscimento del fatto che uno è nero, l'accettazione di questo fatto e del nostro destino come neri, della nostra storia e cultura».
Césaire si dedicò particolarmente al recupero della identità antillana, non più africana e non mai bianca, attraverso una ricca produzione di poesia drammatica e, poi, specificamente teatrale. Nel 1939 comparve Diario del ritorno al paese natale (Cahier d’un retour au pays natal), tragedia in versi, di ispirazione surrealista, la sua opera forse più nota. Seguirono varie raccolte poetiche: Le armi miracolose (Les armes miraculeuses, 1946, nt), E i cani tacevano (Et les chiens se taisaient, 1956, nt), Catene (Ferrements, 1959, nt), Cadastre (1961, nt). Nel 1955 pubblicò il Discorso sul colonialismo (Discours sur le colonialisme, 1955), che fu accolto come un manifesto di rivolta. A partire dagli anni ’60, per evitare che la sua attività raggiungesse solo gli intellettuali africani e non le grandi masse, lasciò la poesia per dedicarsi alla formazione di un teatro negro popolare. Tra le sue opere teatrali più rilevanti: La tragedia del re Christophe (La tragédie du roi Christophe, 1963), Una stagione nel Congo (Une saison au Congo, 1967), ispirata al dramma di Lumumba, e una rielaborazione da Shakespeare, Una tempesta (Une tempête, 1969). È tornato alla poesia con Io, laminaria (Moi, Laminaire, 1982). Ha raccolto la sua produzione poetica in La poesia (La poésie, 1994, nt). Traduzioni italiane dei suoi versi sono presenti in numerose antologie.
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